lunedì 13 febbraio 2012

B.E.D.: questo sconosciuto

Ecco un ritaglio di un articolo preso dal web che spiega molto bene ciò a cui spesso vado incontro...

Il Binge Eating Disorder ("disturbo da alimentazione incontrollata"), è un disturbo del comportamento alimentare che si presenta clinicamente con episodi di abbuffate tipici della bulimia nervosa, senza, però, mostrare i comportamenti compensatori tipici di quest'ultima (il vomito indotto, l'abuso di lassativi o diuretici, il digiuno successivo). 

Queste abbuffate seguono un rituale ben preciso che, pur avendo sfumature individuali, seguono un copione piuttosto comune: 
- prima della crisi vi è quasi sempre un’emozione o stato d’animo scatenante (un dispiacere, una discussione, un senso di inutilità improvviso);
- l’abbuffata avviene solitamente fuori pasto;
- il cibo viene ingurgitato rapidamente, senza nemmeno venir assaporato, e la sensazione fisica è di estrema pienezza, “da scoppiare” (anche se il cibo ingerito non è in quantità esagerata);
- non vi sono MAI condotte eliminatorie (a differenze della bulimia), come vomito auto-indotto o iper-attività;
- lo stato emotivo successivo all’abbuffata è un torpore diffuso;
- disgusto, senso di colpa e vergogna subentrano altrettanto rapidamente, con conseguente ricaduta sull’autostima della persona che si disprezza ancora di più.

La persona che soffre del Binge Eating Disorder sente e crede di non valere, e le radici di questa radicata convinzione risalgono all’infanzia. 
Spesso, dopo un percorso di psicoterapia, emerge una storia di abusi o violenze, fisiche o psicologiche. 
Da un’analisi sistemica si riscontra che la disconferma del proprio valore era pratica frequente (anche se involontaria): la madre distratta non accudiva e nutriva i bisogni veri del futuro binge, e il padre era percepito “distante”
Il rapporto col cibo serve a compensare un nutrimento vero e “sano” mai avvenuto. 

Spesso tali soggetti hanno difficoltà a stabilire confini sani con gli altri, a dire di no, e riproducono nelle relazioni la caratteristica invischiante del clima della famiglia di origine
Essi si gettano nel rapporto con l’altro con modalità possessive e fagocitanti, possono diventare morbosi, convinti di non poter mai essere abbastanza amati, mai sazi di affetto, come mai sazi di cibo.
Il Binge nega la propria sessualità, o la distorce, alterna fasi di anoressia sessuale a fasi di appetito sessuale normale. 
La mancanza di un confine, di una “norma” lo fa sentire senza una protezione; il soggetto Binge spesso non conosce la mezza misura, eccede, non ha appreso, come script comportamentale, la moderazione.
Spesso però questi soggetti hanno doti e qualità che li fanno distinguere per sensibilità, calore e affidabilità. 
Queste persone vengono molto più apprezzate dagli altri che da se stesse.

Il processo terapeutico è complesso e spesso caratterizzato da forte ambivalenza: il soggetto Binge da un lato vorrebbe liberasi della propria corazza ed uscire come una leggera e bella crisalide dal suo bozzolo, dall’altro egli in primis boicotta regolarmente ogni progresso (sono i tipici soggetti yo-yo, fanno una dieta, perdono chili per poi recuperarli in breve tempo).

La paura è la condizione cronica del paziente... paura della vita, paura di non essere all’altezza, di essere inadeguati, di venire abbandonati, rifiutati. Essi ricercano sempre l’approvazione dell’altro. 
Se non arriva, hanno crisi di amarezza e sconforto che li conduce dritti all’abbuffata. 
La capacità di tollerare la frustrazione è molto bassa. Spesso vi è una comorbilità fobica (claustrofobia, bisogno di controllare ogni dettaglio, paradossalmente ipocondria), come in ogni disturbo che si manifesta nel rapporto con cibo è il rapporto col controllo la vera patologia: nell’anoressia viene esercitato in modo parossistico, nella bulimia viene perso ma poi recuperato attraverso pratiche distruttive ma compensatorie, nel Binge viene irrimediabilmente perso.

Come in ogni patologia da dipendenza, il soggetto ha bisogno di prendere da fuori qualcosa: nel tossico c’è la sostanza, nell’alcolista l’alcol, nel dipendente affettivo c’è l’altro, nel disturbo del comportamento alimentare è il cibo usato come “droga”.

La terapia deve aiutare il soggetto a divenire UNO, diventando genitore buono, nutriente di se stesso. 


 Io ne uscirò. Lo so.

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